Radiohead
Amnesiac
"Kid A" è stato pubblicato, e ha lasciato dietro di sé tutti gli strascichi più o meno polemici che solo un disco così bruscamente diverso dal suo predecessore ("OK Computer") comprensibilmente porta con sé. Molto probabilmente anche il fan più duro a morire dei Radiohead ancora non ha metabolizzato "Kid A", ed ecco che la band di Oxford ci fa sapere che i brani non inclusi in "Kid A" formeranno un nuovo album.
Ah, ecco, meno male, non ce la facevamo più ad ascoltare capolavori a ripetizione, per fortuna ora arriva la compilation di b-sides e stop, per qualche tempo questi cinque lamentosi depressi spariranno dallo showbiz. Arriva dunque "Amnesiac", l'album gemello di "Kid A". Sarò ripetitivo, ma purtroppo nessuno ha finora trovato una parola alternativa a "capolavoro". Sarò ripetitivo, ma questo è un altro capolavoro.
Nessuna band, negli ultimi anni, ha saputo rifilare una serie di perle come hanno fatto i Radiohead. E il fatto che "Amnesiac" sia stato concepito come raccolta di "scarti" lo rende perla tra le perle, a mio parere. Si parte alla grande con una degna erede di "Idioteque", "Packt Like Sardines in a Crushd Tin Box", con un cantato dell'Alieno (altro che quello di Italia 1) che fa venire i brividi anche se questo album l'ho acquistato nel Giugno del 2001.
Si prosegue con "Pyramid Song", sontuosa parata di angeli dagli occhi neri, barche dantesche, carri astrali, fiumi e chi più ne ha più ne metta, sorretta da un pianoforte lento e da un'interpretazione vocale che più Yorke non si può. Ci si blocca per un attimo con l'elettronica minimalista di "Pulk/Pull Revolving Doors", forse tra gli episodi più trascurabili dell'album, ma subito si riparte alla grande con "You And Whose Army?", con un finale degno di "Karma Police" e con la voce di Thom che sembra provenire da un vecchio giradischi. L'ottima "I Might Be Wrong", sorretta da un bel riff semplice ma efficace, sembra più rilassata, ma subito la successiva "Knives Out", che sembra una versione accelerata dell'ultima parte di "Paranoid Android", ci riporta nei classici scenari apocalittici alla Radiohead. Una versione di "Morning Bell" più cantilenata di quella presente su "Kid A" fa ben sperare anche per la seconda parte del disco, che in effetti non delude affatto, specialmente in "Like Spinning Plates" (che, nella versione live di "I Might Be Wrong Live Recordings" rappresenta a mio parere una delle cose più belle mai fatte dai magnifici cinque).
Ma il capolavoro assoluto del disco è la conclusiva "Life in a Glasshouse": l'amore del gruppo (specie da parte di Yorke, credo) per il jazz emerge tutto, in un pezzo bellissimo, con una sezione di fiati davvero degna della New Orleans che fu; l'ultimo brano chiude quindi, oltre al disco, la parata di inquietudini che forse sono più sottili rispoetto a "Kid A", ma che comunque fanno di "Amnesiac" l'ennesima prova della grande intelligenza e abilità musicale dei Radiohead. Un'ultima nota la merita il booklet di "Amnesiac", con immagini inquietanti che ben accompagnano la Musica contenuta nel disco.
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