R Recensione

8/10

Faust'O

Suicidio

La prima crepa l'aveva aperta qualche anno prima (eufemismo) Luigi Tenco, forte del suo sguardo intenso e della sua seriosa malinconia.

L'aveva aperto dicendo cose come “Mi sono innamorato di te/ perché non avevo niente da fare”.

L'idillio eterno, l'amore dipinto in termini rassicuranti, se non utopici (lasciarsi sembrava proprio la peggiore delle tragedie possibili), la dolce melodia cantata a pieni polmoni: tutto spazzato via in due versi.

Nella sostanza Tenco, pur essendo un cantautore italiano sotto ogni punto di vista, fu forse anche il primo a divincolarsi dall'ingombrante archetipo di Claudio Villa & C.

Seguiranno gli anni '70, prostrati verso impegno politico, poesia conflittuale e patate bollenti.

L'Italia, a modo suo, scopre la modernità. Naturalmente, non è necessario avere i pugni in tasca, per risultare al passo con i tempi: Lucio Battisti certo non percorre le vie della contestazione, ma resta il più visionario in termini di scrittura, composizione e coraggio.

A fine anni '70, secondo l'adagio dominante, finisce un po' tutto. Lucio si ritira verso mondi sempre più lontani e insoliti, Battiato alza la voce del padrone e si butta sulle classifiche, i grandi accusatori del decennio appaiono tutti, e improvvisamente, come dei reduci. Soltanto i più grandi sono capaci di sopravvivere e di reinventarsi, ma un'intera epopea viene chiaramente – e repentinamente – messa sul letto di morte.

L'adagio dominante però, anche in questo caso, sbaglia un po' mira.

A fine anni '70 la gioventù, a dispetto della rapida eclissi che oscura l'euforia degli anni d'oro, trova infatti nuove voci in grado di esprimere il dissenso. Cantautori fuori dalle righe, più che sopra le righe.

Poeti che non cercano più un movimento, che non si fanno portavoce di altro se non del proprio ego tormentato. Istronici e maledetti de noantri, mi verrebbe da dire. Ma con il quid che può differenziali dall'orda di autori mediocri che li insegue.

Un certo Alberto Fortis, voce acuta e impettita, pianoforte raffinato, si mette a sputare rabbia contro Vincenzo e pure contro tutti i romani. Roba tanto forte quanto forzatamente crudele e – appunto – fuori dalle righe (“Vincenzo io ti ammazzerò/ Sei troppo stupido per vivere”; o anche “E vi odio a voi romani/ Io vi odio tutti quanti/ Brutta banda di ruffiani ed intriganti”).

Nel contempo, un certo Fausto Rossi va persino oltre. In ogni senso possibile. Più che crudele, risulta disturbante. Roba da far impallidire John Lydon o Mark E. Smith (memorabili in tal senso le sue poche apparizioni in tv al Festivalbar).

Fausto Rossi, cresciuto in una classica famiglia disfunzionale della Milano bene, si sceglie lo pseudonimo di Faust'O, si innamora del rock decadente (Roxy Music, David Bowie, tutta la new-wave britannica più minimale e oscura, il suo uso contorto e inquieto dei sintetizzatori: la copertina da dandy è un chiaro indizio delle fonti di ispirazione) e delle sonorità cupe, dense e cavernose del rock gotico.

Poi ributta alcuni fra i versi più geniali, sbilenchi e dissacranti di sempre.

Faust'O non rispetta più nulla e nessuno; canta anche gli orrori degli ultimi, ma senza più un briciolo di denuncia (esplicita, quantomeno).

Suicidio” è la sua opera prima, vede la luce nel 1978, in piena bufera wave. Getto subito la maschera: per quanto sia zavorrato da alcune ingenuità compositive, e prodotto in modo un po' amatoriale, “Suicidio” per chi scrive è un pezzo di storia.

A tratti incompiuto, caotico, sospinto da un'urgenza espressiva che fa piazza pulita di tutto e di tutti, che impedisce all'alienazione di coaugularsi in una forma compiuta.

Ma anche vivo e brulicante di idee (anche musicali) come pochissimi altri dischi del tempo. Iconoclasta e ironico in modo sprezzante, ma anche straziato. La fotografia di un'epoca grigia (gli anni di piombo), che non appoggia apertamente nessun '77, ponendosi in posizione critica e defilata.

Dopo la diabolica “Intro” (il telefono che suona, il pianto di un bambino, la risata da psicopatico, le tastiere che pulsano e il basso che spruzza disco music da tutti i pori), ecco uno fra i capisaldi della produzione del cantautore perverso, ovvero la traccia che dà il titolo all'album.

Tastiere in odore berlinese (ma anche virate funk), il piatto della batteria che rintocca piano, Faust'O che sembra un cantante glam in piena crisi di panico.

L'aria malsana dell'epoca lo infastidisce, perché non ci sono più rivoluzioni da fomentare: “Non aprire la finiestra/ Non ho voglia di sentire/ Quello che hanno da dire”.

Ma non ci sono neppure vere alternative “Sento/ Tutto quello che mi gira intorno è noia”.

E allora la soluzione finale la suggerisce il titolo. Senza disperazione né struggenti parole d'addio, però: “Io sapevo della morte/ Ora guarda quei cretini/ Muoiono in un modo molto strano/ Potrei divertimi anch'io!”.

Il raggelante finale del brano (“Penso che valga la pena di andare”) definisce la cifra stilistica dell'album: niente compromessi. Faust'O trasforma – non solo la propria realtà, ma metaforicamente - l'umanità intera nel bersaglio dei suoi strali al veleno, tanto furibondi quanto divertiti ed eccentrici.

Godi” è forse il pezzo più pesante, dal punto di vista lirico: “Ma non farti mai vedere/ Dietro i banchi di una chiesa/ mentre ti masturbi in allegria”...”Godi/ Però di nascosto/ Nel cesso nel bosco/ Nell'ultimo posto in cui Dio ti vedrà”.

Il cattolico Faust'O esibisce il suo terrore per il sesso e per il peccato, da cui si sente oppresso (“Dalla gabbia puoi uscire se ti va/ Ma soltanto senza la verginità”), e al contempo sputa sul perbenismo della sua chiesa, bestemmiandola (metaforicamente) alla luce del sole.

Le ballate decadenti, di scuola Roxy-Bowiana ma con un tocco di raggelante humour nero, sono il cuore del disco: “Piccolo Lord”, una semplice sonata al pianoforte, fotografa il microcosmo piccolo-borghese dell'autore e i suoi studi pianistici; l'arrancante “Bastardi”, in odore di post-punk (il basso è già dark), confeziona un'altra arringa al vetriolo (“vigliacchi come rasoi”), e inveisce contro nemici senza volto e senza testa, disumanizzati (“siamo slot-machines”).

Il mio sesso” mostra ancora una volta un Faust'O maniaco sessuale, ma più che altro ossessionato/torturato dal rapporto con il sesso: si tratta di una sorta di sinistra, divertita dedica al proprio organo sessuale (“Spesso ne ho bisogno/ Mi sfogo su di lui/ Ho paura sia il contrario/ Che sia lui a usare me”).

Il motivetto sciocco della tastiera è pura minimal-wave (chiedere per informazioni agli Ultravox!), che si apre in strutture da classica ballata, restituita però in versione comicamente grottesca.

Innocenza” è invece realmente una romantica ballata che potrebbe essere uscita dalla penna di un Brian Ferry in preda a un acido, crudele sarcasmo; il brano regala forse l'unico momento potenzialmente sentimentale del disco, seppure si tratti sempre di un sentimentalismo spazzato da un vento gelido (tanto che l'esito risulta straniante quanto quello degli altri brani).

Benvenuti fra i rifiuti” è l'ultimo, definitivo atto d'accusa di Fausto, che mutua le atmosfere e le sonorità pesanti del gothic rock britannico per vomitare versi spietati contro la società bene (“Quando sorge il sole/ Voi vi siete già stancati della vita”).

Sembra di assistere a una sorta di incubo: Faust'O non risparmia nulla e nessuno (“Riversiamo sperma sulle vostre inibizioni”), neppure sé stesso. E siamo solo all'inizio.

V Voti

Voto degli utenti: 8,2/10 in media su 14 voti.
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zagor 7,5/10
REBBY 7/10
Cas 8,5/10
loson 8/10
B-B-B 8,5/10
Lelling 8,5/10

C Commenti

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Paolo Nuzzi (ha votato 8 questo disco) alle 10:43 del 26 ottobre 2015 ha scritto:

Bravo Franceschiello, ottima recensione e ottima valutazione. Il disco è imperfetto perché gli fu un po' imposto il personaggio ed il modo di cantare, difatti della "trilogia" ("Poco Zucchero" e "J'accuse.. amore mio") il disco che più lo rappresenterà e gli farà fare un salto (nel vuoto) sarà proprio "J'accuse.. amore mio"). Unico piccolo appunto: avresti potuto citare l'apporto amato/odiato alla produzione di Oscar Avogadro (titolare anche del testo della splendida "Godi") e dell'apporto alla realizzazione ed al suono dell'immenso Alberto Radius. Il suo contributo alla chitarra, specie in "Bastardi", è lancinante, per non parlare del basso di Stefano Cerri. Per il resto: Ottimo e applausi a scena aperta per te. Parlare di Fausto è sempre cosa buona e giusta.

isidax alle 13:39 del 3 novembre 2015 ha scritto:

ciao, ricordavo giusto (comunque ho controllato) in Bastardi suonano: Viviers basso, Lettini chitarre, Pergolato batteria, Fausto tastiere

Paolo Nuzzi (ha votato 8 questo disco) alle 22:47 del 3 novembre 2015 ha scritto:

Benvenuto isidax, uno dei massimi esperti ed appassionati di Fausto. Grazie per le precisazioni e benvenuto in queste lande.

zagor (ha votato 7,5 questo disco) alle 10:19 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

la versione intellettuale di renato zero e senza i sorcini lol....sempre piacevole da ascoltare nonostante a volte la dipendenza dai suoi modelli (bowie, john foxx, roxy music) si faccia sentire eccessivamente.....notevoli anche i suoi dischi anni 90, in cui giganteggiava anche rispetto ai suoi epigoni; su tutti i loro grandissimi fan massimo volume

Paolo Nuzzi (ha votato 8 questo disco) alle 13:57 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Beh il debito lo paga di sicuro, ma riesce comunque ad affrancarsi alla grande. Grandioso anche il disco omonimo del 1982, ristampato in tiratura limitatissima dalla On Records Japan. Restando negli anni '90, invece, "L'erba" ed "Exit" sono due dischi stratosferici. Peccato che le ultime produzioni non siano sempre all'altezza del suo genio.

REBBY (ha votato 7 questo disco) alle 14:19 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Ecco, l'omonimo (edito in realtà nel 1983, ho controllato il mio vinile eheh) mi è sempre sembrato più maturo e personale rispetto ai precedenti.

loson (ha votato 8 questo disco) alle 18:34 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Per me di dischi brutti, almeno fino all'omonimo dell'83 (bravo REBBY ), non ne ha fatti, poi non so. Concordo nel ritenere "Suicidio" il più riuscito, e bene ha fatto Paolo a ricordare alcuni dei musicisti coinvolti nelle registrazioni. In effetti, Francesco, l'unico punto su cui dissento dalla tua ottima rece è l'aver definito il disco come "prodotto in modo un po' amatoriale": per quel che vale il mio parere, la produzione è ottima (solo in "Godi" avverto una certa mancanza di nitidità).

FrancescoB, autore, alle 18:39 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Eh forse il disco paga in tal senso un po' il confronto con l grandi produzione wave coeve, mi suona quasi smunto, disossato, non sempre calibratissimo nel suono. Ma si tratta di sensazioni naturalmente, posso benissimo sbagliare

isidax alle 13:41 del 3 novembre 2015 ha scritto:

ciao, tu devi avere un vinile strano, è inciso nel 1982 distibuito nella primavera 1983

FrancescoB, autore, alle 14:52 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Anche io credo che l'omonimo sia più maturo e meglio rifinito, qui trovo però un impatto maggiore in termini di (perdonate l'abuso della formula) urgenza espressiva. Paolo condivido le tue considerazioni sulla produzione, ma io preferisco sempre concentrarmi sulla collocazione del disco, anche dal punto di vista storico e iconografico, e sul vissuto personale che incarna e racchiude. Bene hai fatto comunque a precisare

Paolo Nuzzi (ha votato 8 questo disco) alle 16:24 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Assolutamente d'accordo con te, ci mancherebbe, lo hai collocato come meglio non si potesse fare. Anche io sono più legato a "Suicidio" per i motivi descritti da te, è un esordio con i controfiocchi, altrochè. Rebby, hai ragione, è 1983, ho scritto di fretta e non ho barato, visto? Comunque la ristampa prima o poi sarà mia!

Cas (ha votato 8,5 questo disco) alle 17:12 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Grandissimo Faust'O, che porta la new wave decadente e "post-glam" di Talking Heads e Ultravox ("Il mio sesso") in Italia. Questo, per me, il suo vertice: personale, turbato, fosco, instabile. Buonissimi anche "J'accuse amore mio" e l'omonimo. Bravo Fra anche per aver citato il grandissimo Fortis

FrancescoB, autore, alle 18:44 del 27 ottobre 2015 ha scritto:

Grazie. Non c'entra nulla come stile, ma ritengo plausibile un parallelo Faust'O-Fortis nel contesto cantautori antagonisti, "strani" e fuori da ogni schema, anche se indubbiamente hanno seguito strade molto diverse. Forse sbaglio, ma mi piace azzardare sempre prospettive più ampie e generali!

Paolo Nuzzi (ha votato 8 questo disco) alle 9:09 del 28 ottobre 2015 ha scritto:

Non sbagli assolutamente. Anche io Alberto lo vedo molto vicino a Fausto dal punto di vista della verve polemica e della musica fuori dagli schemi. L'esordio, soprattutto. Grande Fra'.

isidax alle 13:44 del 3 novembre 2015 ha scritto:

ciao, copioincollo da youtube commento di Claudio CHIANURA riguardo alle fonti di

Il mio sesso:

"My sex" degli Ultravox di John Foxx diventa qui un brano molto 'sparksiano'... e il testo è purissimo Faust'o.

una giornalista di Sorrisi e Canzoni gli telefonò dicendo che Enrico Ruggeri lo aveva plagiato con la sua 'Contessa'... ma si trattava delle stesse 'fonti'. inoltre ci frequentavamo tutti e tre in quel periodo scoprendo i primi giochi x home computer...

benoitbrisefer (ha votato 8 questo disco) alle 1:32 del 31 ottobre 2015 ha scritto:

Suicidio e J'accuse... amore mio due straordinari dischi della wave italiana. Certo nel primo non mancano ingenuità compositive e qualche passaggio un po' "carico", ma averne di dischi così.... Invece ammetto la mia ignoranza sul Faust'o anni '90 (ne avevo perso le tracce alla fine del decennio precedente) e dunque ottima occasione per colmare questa lacuna.

fgodzilla (ha votato 8 questo disco) alle 10:21 del 3 novembre 2015 ha scritto:

Grande rece per un disco che come hai detto e' storia della musica........

fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 18:57 del 11 novembre 2015 ha scritto:

Discone. Bravo Francesco.