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R Recensione

8/10

CONFRONTATIONAL

Kingdom of Night

Per chi negli anni '80 era già (o ancora) senziente, l'ascolto di CONFRONTATIONAL e del suo album d'esordio "A Dance of Shadows" è stato uno shock. In pieno 2016 (anno della ristampa ad opera della Bronson Recordings) l'ascolto di brani come "Flat/Line" o "Like a Curse" sembrava riportarci a quell'adolescenza fatta di giorni pieni di Bmx, Rayban e Commodore '64, che la notte si popolava di personaggi come Freddy Krueger, di incubi partoriti dalla mente di Stephen King, di vampiri, streghe, morti viventi, zucche demoniache e nebbie infernali. 

Nel frattempo, viaggiando tra queste visioni degne di Dylan Dog, abbiamo scoperto che CONFRONTATIONAL è un musicista navigato, dotato di una visione completa del proprio mondo musicale e dei suoi obiettivi. Abbiamo anche scoperto (perchè ce lo ha detto lui) che esiste una "scena di riferimento" che potremmo chiamare "retro-wave" e che ruota intorno ad un sito chiamato newretrowave.com. Un mondo nuovo, figlio del revivalismo contemporaneo (le colonne sonore, la library music) e del successo musicale improvviso di personaggi come John Carpenter, racchiuso in coordinate geografiche e musicali ben definite.

"Kingdom of Night" riparte dalle ambientazioni "cinematografiche" del suo predecessore ma riesce a spingersi oltre, alla ricerca di un punto d'incontro spaventoso tra i Cure di "Pornography" e i Nine Inch Nails di "Pretty Hate Machine". "In The Line of Fire" sfodera subito una cassa in quattro, luci stroboscopiche e mostri che ci rincorrono fin dentro il cesso putrido di una discoteca abbandonata. E la fuga continua, questa volta dai demoni di "Without Fear", fino al baluardo metal di "Stand Your Ground", brano tiratissimo simile ad una versione "Billy Idol" dei Judas Priest, con tanto di assolo finale "shredding" ad opera dell'amico Tony Kim (chitarrista degli americani Dance With The Dead). Ma era e rimane il cinema horror degli anni '80 il punto di riferimento di CONFRONTATIONAL, che altro non è che la manifestazione musicale dell'amore di Massimo Usai per il grande schermo. Musica che parte dalle immagini, con riferimenti espliciti a John Carpenter (con il figlio Cody ancora ospite in "Crimson Curtains") ed alla tradizione italiana, dei Goblin ma non solo (in "Midnight Wings" c'è Ugo Laurenti, uno che ha lavorato con Pupi Avati). E verso la fine, la voce di Hélène de Toury ci porta in una versione femminile dei migliori Depeche Mode, quasi a suggerire una via di fuga, a rappresentare la speranza alla fine dell'orrore.

Nights and days / maybe nothing is in vain / all we are is simple  / all we need is light / so we must keep faith / we must keep faith.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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Vatar 7,5/10

C Commenti

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Paolo Nuzzi alle 9:52 del 10 ottobre 2016 ha scritto:

E vai! Ascolto obbligatorio! Grande Fabio e grande Massimo Usai!