R Recensione

10/10

Can

Monster Movie

Dicono che un giorno Stockhausen sia uscito fuori di testa dopo aver ascoltato un concerto dei Jefferson Airplane. Dicono anche che la stessa cosa successe all’insegnante di musica Holger Czukay quando uno dei suoi alunni (Michael Karoli) gli aprì un mondo suonandogli I am the walrus dei Beatles. Uno choc talmente violento per Czukay da spingerlo a chiamare l’amico Irmin Schmidt (entrambi ex alunni proprio di Stockhausen) per rilanciargli con forza quell’idea balzana di mettere assieme un gruppo che sapesse portare avanti il discorso musicale “colto” portato avanti dal maestro, tutto teso a coniugare musica classica sperimentale e nascente musica elettronica in un’ottica tutta avanguardista. La strada intravista da Czukay però tende a fondere queste istanze con le infinite potenzialità espresse dalla popular music. Così ecco l’interesse per pilastri come Jimi Hendrix, Frank Zappa e Velvet Underground.

I Can nascono quindi come un ensemble di musicisti colti e maturi (quasi tutti ultratrentenni) dal progetto entusiasta e cosciente di Czukay e Schmidt. Il primo prese in mano il basso, il secondo si dedicò agli strumenti a tastiera (organo e piano a seconda delle evenienze). Il giovane diciannovenne Michael Karoli fu arruolato alla chitarra probabilmente anche solo per i suoi indubbi meriti cognitivi mentre alla batteria si sedette tale Jaki Liebezit, un tale che aveva suonato free-jazz per un lustro intero in Spagna prima di rimanere folgorato da “una specie di fricchettone” che gli aveva “consigliato” la ricerca di una maggiore monotonia ritmica. Una spinta verso uno stile semplice e diretto che verrà accettato dall’intero gruppo (non certo dopo pochi dubbi e polemiche) che inizialmente prese il nome di Inner Space Productions.

Mancava l’ultimo tassello che arrivò in un soggetto del tutto inaspettato: Malcom Mooney, artista e insegnante afroamericano non aveva mai cantato prima. Il suo destino si incrociò a quello della band per volontà della moglie di Schmidt. La prima novità introdotta da Mooney fu il nome, cambiato in Can, parola dai molti significati: “vita” e “anima” in turco, “sentimento” ed “emozione” in giapponese, ma comprendente anche l’accattivante possibilità di un acronimo politico per Comunismo Anarchia Nichilismo. Ad ogni modo nel 1968 il gruppo era ormai definito e pronto per entrare in studio a registrare il primo lp, Monster movie, uscito per la Music Factory nel 1969. Quattro pezzi in tutto, tre per il lato A del disco, uno solo lungo venti minuti (You doo right) per il lato B.

Si parte con Father cannot yell. Il suono dei Can è già ben definito: basso borbottante e vorticoso, chitarra aspra, secca, acuta e acida, rumore organistico monotono, batteria metronoma, squarci di quella psichedelia lisergica americana più scura (quella, per intenderci, dei primi Velvet Underground) ma con una maggiore predisposizione ad una musica ritmica adatta per un garage-sabba selvaggio e infuocato. Mooney fa capire subito di non essere un cantante convenzionale, è più che altro una voce nera che racconta e declama, astenendosi da virtuosismi e facili melodismi, anzi straniandosi quasi completamente dalla musica alla ricerca di un contatto mistico qualsiasi, diventando quasi parte integrante del ritmo stesso con quel divertissement gutturale che si pone di fatto come strumento ritmico aggiunto. È una giungla di vitalismo, una sabbongia frenetica ed eccitante. Un brodo primordiale da cui emerge la complessità della semplicità. Una ricetta che paradossalmente diventerà un punto di riferimento imprescindibile per il movimento punk-wave.  

Col secondo brano si tira subito il freno a mano ma lo si fa in una maniera sublime: Mary, Mary so contrary è una ballatona che ricalca gli schemi più convenzionali eppure è probabilmente una delle più elevate produzioni del genere nonché forse il brano più riuscito del disco. La voce di Mooney si fa tenera, appassionata ed evocativa, Karoli alla chitarra porta avanti un assolo semplice ma devastante. La ritmica perde la centralità sonora e resta un po’ in disparte lasciando che l’eccezionale intensità si concentri tutta nel binomio chitarra-voce, raggiungendo il primo apice nel “mary” ripetuto ossessivamente da una voce quasi lacrimevole tremendamente soul. Il secondo apice è alla fine del cantato ed esplode nella perfetta solitudine in cui si ritrova per pochi secondi la chitarra di Karoli. È il culmine di un climax ascendente che d’ora in avanti diventa discendente trascinandosi con livore verso dolci declivi portando alla massima esaltazione uno stile gilmouriano-hendrixiano tremendamente romantico e lancinante, nonostante ancora una volta non particolarmente virtuoso.  

Outside my door torna ai ritmi frenetici iniziali con un attacco garage-rock fulminante degno dei migliori Who da cui si fanno largo organo e violino. Chitarra e basso iniziano a girare furiosamente e insistentemente mentre Mooney si lascia andare ad urlacci talmente rabbiosi e sinceri che a fine brano resta praticamente rauco. Sorprendemente compare un assolo virtuoso decisamente fuori luogo (probabilmente l’unica cosa davvero inutile del disco) prima di tornare nel labirinto circolare e ipnotico. È ancora rock’n’roll ma garage e space-rock sono molto più che soltanto alla finestra. In ogni caso un suono profondamente americano che nello stesso periodo viene sviluppato con successo anche dai compaesani Amon Duul 2.  

You doo right è sostanzialmente il primo vero salto nel vuoto compiuto dai Can. Il primo esperimento radicale compiuto verso la Kosmische Musik. Sinfonie e melodie si aprono a squarci poggiando sul battito discreto ma essenziale (mai una riga sopra il dovuto) del batterista mentre Mooney appare a seconda delle prospettive lisergico e allucinato o profeta e metafisico: sussurri e carezze vocali si alternano a proteste black per il suo difficile stato personale di nero americano in Germania. Mooney sente e vive la musica con una purezza e un protagonismo soprendenti: rantola, sale d’intensità, torna a svariare; ad un certo punto la sua voce resta sola, appena accompagnata da un battito di bacchette. Poi si gioca a recuperare scale blues, ovviamente in maniera anomala e distorta. Il ritmo si fa statico, ancora più ipnotico tra pause e ripartenze impetuose. Infine il pezzo si spegne quasi senza motivo decrescendo di volume, quasi si sia voluto porre termine con la forza ad una composizione che sarebbe potuta proseguire all’infinito in una circolarità spaziale definitiva.

Si è fatto spesso il paragone con Sister ray per descrivere You doo right. In verità le due composizioni hanno in comune solo la spropositata lunghezza e l’approssimata esecuzione in presa diretta. Decisamente radicata nella tradizione rock bianca è Sister ray, completamente nera è invece You doo right. L’impalcatura ritmica costruita da Czukay e Leibezeit si fa rigidamente monotona e ascetica, diventando il prototipo ideale cui guardare per chiunque pensi di riallacciare la musica rock alle sue radici africane. Di fatto molte radici del dub si trovano già qui, tanto è vero che lo stesso John Lydon elencherà i Can tra i maggiori ispiratori dei PIL. Monster Movie è di fatto già un capolavoro imprescindibile del kraut-rock e della musica tutta, ma nonostante ciò i Can sapranno andare oltre e scavalcare più volte loro stessi.

V Voti

Voto degli utenti: 7,9/10 in media su 19 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
Cas 8/10
bart 6/10
ThirdEye 10/10
REBBY 7/10
tecla 7,5/10
loson 7,5/10
alekk 8/10
Lelling 8,5/10

C Commenti

Ci sono 13 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 12:33 del 15 giugno 2009 ha scritto:

Gran bella recensione Peasy...Però dai, 5 stelle? esagerato Secondo me i vertici della band sono altri: Tago Mago (quello si da 5 stelle) e Future Days...Questo Monster Movie è ancora incapace di sviluppare un discorso completamente autonomo dai canoni hendrixiani e, più in generale, del rock psichedelico americano. Molto più capaci in questo compito sono altri gruppi tedeschi come gli Amon Duul II di Phallus Dei, i Technical Space Composer's Crew, i Tangerine Dream di Electronic Meditation o gli Ash Ra Tempel...Insomma, questo per me oscilla tra il 7 e il 7,5.

Alessandro Pascale, autore, alle 15:43 del 15 giugno 2009 ha scritto:

secondo me sbagli: per quanto almeno metà del disco sia "americanizzata" a me sembra che sia già una maturità ed un percorso autonomo che rendono il disco un eloquente scelta di indirizzo stilistico. Diverso a suo modo dagli altri esordi che hai citato è a suo modo un capolavoro, uno dei tanti del gruppo (anche qui, vi è una differenza di stile rispetto ad altri "bestioni" come tago mago, ma non di qualità) nonchè del genere (kraut-rock), il quale non dimentichiamolo è una delle stagioni musicali più feconde della musica tutta, onde per cui non mi vergogno di sborsare i 10 come se fossero noccioline. Non me ne vergogno perchè di dischi da 10 in quel periodo (fine 60-inizio 70) in quel luogo (Germania) ne sono usciti fuori davvero tanti, in quantità straripante.

Dr.Paul alle 19:31 del 16 giugno 2009 ha scritto:

ma ege bamyasi piace solo a me?

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 19:40 del 16 giugno 2009 ha scritto:

RE: ma ege bamyasi piace solo a me?

certo che no, anzi! per me, ''Ege Bamyasi'' è nettamente superiore a ''Monster Movie''.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 14:51 del 17 giugno 2009 ha scritto:

RE: RE: ma ege bamyasi piace solo a me?

no no piace anche a me...dai come si fa a resistere a pezzi come vitamine c e i'm so green?!

Mr. Wave (ha votato 8 questo disco) alle 19:43 del 16 giugno 2009 ha scritto:

classificando i primi (grandiosi) capitoli dei Can, mettere per ultimo ''Monster Movie'', seguito da ''Future Days'', ''Ege Bamyasi'' e l'irripetibile ''Tago Mago''.

Uallarotto (ha votato 9 questo disco) alle 12:08 del 31 agosto 2009 ha scritto:

Yoo Doo Right!

bart (ha votato 6 questo disco) alle 1:36 del 20 aprile 2010 ha scritto:

Disco che contiene spunti apprezzabili, ma è ancora impersonale, specialmente nei primi tre brani; "Yoo Doo Right" invece è un'anticipazione di quello che svilupperanno in futuro, però è decisamente troppo lunga.

ThirdEye (ha votato 10 questo disco) alle 19:39 del 4 agosto 2010 ha scritto:

Bellissimo

Saro' pazzo ma preferisco questi Can, piu grezzi e selvaggi, rispetto ai futuri lavori con Damo alla voce..Questi erano i Sonic Youth vent anni prima dei Sonic Youth. E Malcom Mooney è il piu grande cantante che non sa cantare mai apparso sulla terra...

alekk (ha votato 8 questo disco) alle 19:21 del 8 luglio 2013 ha scritto:

Musicalmente l'album è stupendo, Yoo Doo Right è all'altezza dei capolavori psichedelici del periodo,davvero splendido. Troppo scarso il buon Malcom però,che finisce per stonare e parzialmente rovinare il loro sound tribale. Se fossero stati solo strumentali i pezzi staremo parlando di uno dei più grandi dischi della storia. Meno male che poi arriverà Suzuki

galassiagon (ha votato 9 questo disco) alle 16:28 del 19 agosto 2014 ha scritto:

a me il cantante di colore piace moltissimo, forse più di Suzuki

il mio album preferito dei Can e forse del kraut rock tutto

RobertS alle 16:12 del 28 maggio 2019 ha scritto:

Uno dei miei dischi preferiti, spettacolare.

Utente non più registrat (ha votato 7 questo disco) alle 20:23 del 2 ottobre 2020 ha scritto:

Esordio che si fa valere! Le ingenuità sono evidenti e tante, il loro retroterra sono i Velvet Underground ("Father" e "Yo Doo" fanno molto Sister Ray) e qualcosa dei Pink Floyd ("Outside My Door" fa molto Lucifer Sam); ma GIÀ vi sono tratti assolutamente alieni alla scena Garage e Kraut che schizzano verso il futuro, vedasi ad esempio l'asettica disinfettata chitarra di Karoli. E poi, lasciatemelo dire, Mary è un capolavoro di quelli rari: modernissima, potrebbe uscire oggi e nessuno la darebbe vecchia di sessant'anni - e ha molto da insegnare a molte mezzeseghe che infestano le radio. Yoo Doo Right tutto sommato il punto debole di quest'album... ma le ossa bisogna pur farsele con qualcosa, no?