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R Recensione

8/10

Ulan Bator

Tohu-Bohu

Un lustro di separazione fra un album ed un altro, nella vita di una formazione sono significativi. Sono un silenzio che parla, che urla. Quello vissuto da Amaury Cambuzat e dai suoi sodali non è stato un quinquennio privo di forti impulsi di vitalità: nel 2007 ci hanno dapprima donato “ULAANBATAAR 1993-1998” una esauriente raccolta di estratti live, inediti disseminati su singoli, remix e versioni demo, mentre nel 2009 il meraviglioso EP “SOLeils”.

Ma principalmente il 2009 è stato l’anno nel quale Cambuzat ha compiuto l’atto di maggior coerenza nei confronti della sua personalità artistica, portando a compimento quel progetto su cui a lungo rimuginava: la fondazione della SUA label, la Acid Cobra Records, che fino ad oggi ha saputo dar alloggio a band anche lontane dalle coordinate sonore degli Ulan Bator, ma comunque in “continuità” con le istanze di precedere off-the-map. Con queste premesse, non è superfluo evidenziare che questo “Tohu-Bohu” è di fatto il primo album per la formazione nella più totale indipendenza ed esce praticamente in contemporanea con il lavoro solista di Cambuzat, “The Sorcerer” (di cui potrete leggere altrove sempre su Storia della Musica).

Ed il librarsi di questa nuova energia di libertà risulta immediatamente tangibile nel ruggire del brano iniziale, newgame.com nel quale sembra avvenire uno scontro frontale a tre fra i sussulti abrasivi dei Sonic Youth, le spigolose traiettorie dei King Crimson e le ritmiche alla Escher degli Shellac. Particolare rilievo rivestono le tematiche dell’album che scaturiscono dalla piena presa di coscienza della decadenza delle società occidentali, e che sanno elaborare uno sguardo in grado vedere cosa giace oltre lo splendore apparente delle alte torri del mondo globale/globalizzato: un oceano di polvere e di rovine, culturali, spirituali e sensoriali.

Una delle composizioni cardinali del lavoro in questo senso è sicuramente Régidice (seguita dalla coda strumentale R136A1), tutta giocata fra riverberi di attanagliante malinconia e disturbi i grado di identificare tutta la collera che scorre sotto pelle, sotterranea. Tra rabbia e ricerca di una redenzione forse impossibile da ottenere, gli Ulan Bator inseriscono nel lavoro anche un brano che più di tutti si riveste della possibilità di proporsi come un singolo, Missy & The Saviour. La ricerca dei suoni e il lavoro sui timbri pare il tratto caratteristico di “Tohu-Bohu”: la perizia del particolare sotto la guida di una urgenza espressiva. In questo senso AT e Mister Perfect sembrano porsi come materia viva modellata tra le mani e attraverso gli occhi di uno scultore in un uno stato di rapimento onirico eppure pervaso da una febbricitante lucidità creativa.

L’estremo di tutto ciò collassa nella allucinata dimensione tra ordine e caos della title-track Tohu-Bohu, in un crescendo tra alterazione (un sassofono impazzito e le ondivaghe chitarre) e presenza (le dinamiche ritmiche che non cedono sotto i colpi dell’isteria). Donne in chiusura, come spesso accaduto in altri album (ricordo ad esempio la pacificante Souvenir posta alla fine del magnifico “Rodeo Massacre”), cerca di lasciare un seme di calma o forse solo di rassegnazione. Un nuovo manifesto per gli Ulan Bator, di cui possono e debbono andare fieri. Un manifesto che riesce a riassumere in sé le anime passate, senza indugiare però in alcun atteggiamento nostalgico verso una ipotetica epoca d’oro ormai alle spalle: il presente contiene, alla massima potenza, l’evoluzione di quell’ideale sonoro a cavallo fra noise, sperimentazione, psichedelia, vibrante post-rock matematico, melodia ed evanescenza che Amaury Cambuzat ha concepito 17 anni fa e non c’é tempo e bisogno di guardarsi troppo indietro.

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Voto degli utenti: 6,9/10 in media su 7 voti.
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Teo 8/10
REBBY 6/10

C Commenti

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Suicida (ha votato 9 questo disco) alle 20:18 del 25 marzo 2014 ha scritto:

Risentire questi suoni per chi è cresciuto ascoltando i loro dischi e sudando ai loro live è indescrivibile. Grande ritorno all' ispirazione del capolavoro Ego:Echo, Amaury ormai libero da ogni ostracismo sussurra il sua francese biascicato sui quei bassi tesi e quelle chitarre cosmiche che solo UB sa dare. Sarò di parte ma.. Sublime.