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R Recensione

9/10

Matana Roberts

Coin Coin Chapter One: Gens de Couleur Libres

Chi l'ha detto che il jazz è morto? Che oramai si è ridotto a semplice musica da salotto, elegante e rassicurante (per quanto divinamente interpretata ed eseguita), ma senza più nulla da dire?

Ecco chi ha detto o pensato cose simili (mi ci metto anche io, almeno in alcuni momenti di sconforto) dovrebbe immediatamente recuperare e inserire nel lettore questo “Coin Coin Chapter One: Gens de Couleur Libres”, capolavoro senza se e senza ma firmato col sangue da Matana Roberts (giovane talento, e anzi oramai grossa realtà del sassofono e della scena jazz della Grande Mela, in grande fermento negli ultimi tempi) e pubblicato poche settimane orsono.

Dovrebbe provarlo perché essere smentiti, in certi casi, è la più grande delle soddisfazioni: e smentire gli scettici è esattamente ciò che fa Matana Roberts con questo disco stupefacente, che riesce nell'impresa di coniugare un linguaggio jazz radicato nel clima umido dell'america nera eppure futurista e al passo coi tempi come nessun altro.

Un linguaggio che possiede la sublime capacità espressiva dei grandi maestri del passato (troppo semplice citare John Coltrane, ma l'energia di cui è pervasa la performance riporta veramente al misticismo apocalittico del Sommo), e che affonda le stesse radici musicali nella storia più gloriosa del genere, e in particolare nell'epoca free (personalmente ho sentito echi della musica totale di Don Cherry, così come degli spazi astratti di Sun Ra).

Ma che sa guardare decisamente oltre: all'universo post-rock, che qui ritorna un po' più “umano” ed evita di perdersi in contorsionismi o manierismi che spesso (per il sottoscritto) rappresentano il limite del genere, almeno nelle sue versioni più recenti; così come alla tradizione black e alla musica della chiesa afro-americana, restituita in tutta la sua vitalità espressiva.

Possibile una cosa del genere?

Possibile sì, se ti chiami Matana Roberts e con il sax tenore (ma anche con la voce) fai quello che vuoi, coniugando la tua abilità strumentale e la tua fantasia - compositiva ed esecutiva - con l'empatia non sussiegosa riservata a coloro che non raccontano nè rappresentano, ma vivono la propria musica e le sue vicende cariche di umanità; possibile se al tuo fianco lavora gente che mastica post-rock da una vita (chiedere informazioni a Goodspeed You! Black Emperor, la cui enfasi soft/loud trova qui nuove forme espressive: “Pov/ Piti” è accarezzata da archi che profumano di “post” da un miglio di distanza).

Possibile anche e soprattutto se avverti l'esigenza di dire qualcosa di importante, perché il tuo non è grazioso onanismo: Matana riporta alla luce temi attualissimi eppure oggi quasi dimenticati, forgiando canti pregni di spiritual e di magia blues (lo stupendo spoken-word di “Liberation for Mr. Brown”, costruito sul classico gioco del call-and-response, ti porta direttamente nella chiesa di un qualsiasi ghetto americano), ove l'impegno sociale si fonde con il vissuto personale e le sue perdite più dolorose. La straniante e indefinibile “Song for Eulalie” è capace di alternare momenti di pura astrazione e una allegra marcia quasi swing, con tanto di carezze a Coltrane.

Ascoltare, per credere al miracolo, i fraseggi morbidissimi e quasi Ellingtoniani di pezzi come “How Much Would You Cost?”, tenera preghiera dedicata alla madre che non dimentica le difficoltà che ancora oggi comporta l'essere donna ed afro-americana. Oppure il cupissimo/dolcissimo blues stralunato di "Lulla/Bye" (la fusione fra fiati e voce qui è veramente entusiasmante), forse il momento più tenero del disco.

O ancora, gli echi world (per la verità onnipresenti) di "Rise", fantasia free-jazz che muove qualche passo anche in territori post-ambient, e che frulla tutto lo scibile afro-americano per consegnarci uno fra i pezzi più complessi e pulsanti degli ultimi anni.

Mi fermo qui, credo sia sufficiente: questo è un jazz libero che possiede punti di riferimento chiarissimi, e che pure si “deforma” in una sorta di musica totale dagli echi modernissimi e “post”, coniugando un linguaggio nuovo.

No, il jazz non è morto né si è arenato in 2-3 stili di riferimento un tempo innovativi e oggi prevedibilissimi: e Matana è la conferma vivente di questa teoria (come lei Peter Evans e pochi altri).

Provare questo disco, allora, è un obbligo per tutti gli amanti del genere.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 22 voti.

C Commenti

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gull (ha votato 8 questo disco) alle 11:35 del 7 luglio 2011 ha scritto:

Vero quello che scrivi. Disco interessante, originale e mai banale. Ma come fanno alla 'Constellation' a non sbagliare un colpo? "Prov Piti" da brividi.

paolo gazzola (ha votato 9 questo disco) alle 12:09 del 7 luglio 2011 ha scritto:

Oh Francesco, meno male che ci sei, 'ste cose passerebbero tutte sotto silenzio. Disco bellissimo, vibrante di un'umanità rara, attuale e antico (come dici) allo stesso tempo. Torno a votare... E Constellation, sì, effettivamente un mondo a sè.

lev alle 12:32 del 7 luglio 2011 ha scritto:

interessante, lo cerco subito.

Filippo Maradei alle 13:44 del 7 luglio 2011 ha scritto:

Per rimanere in tema "Constellation", anche l'ultimo post-rock degli Esmerine non è niente male, molto particolare: insieme alla Sub Pop e alla Bella Union tra le migliori label in circolazione, per me. E a sentire Francesco, tocca che mi procuri (e anche di corsa) pure questo di Matana. Bene così!

fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 11:55 del 8 luglio 2011 ha scritto:

Che bello sentire musica così nel 2011! Disco eccellente, da ascoltare con calma e "dedizione". Rimane tutto profondamente "jazz", impreziosito (ma mai trasfigurato) dagli elementi "post" di estrazione Constellation. Meravigliosa l'entrata del contrabbasso nel finale di "Libation for Mr. Brown: Bid Em In..." ... che roba, che roba! Brava lei, bravo Francesco....

ozzy(d) alle 19:11 del 8 luglio 2011 ha scritto:

chapeau per l'Avvocato!

Emiliano alle 19:46 del 11 luglio 2011 ha scritto:

Segnalazione davvero interessante, bravo Francesco.

salvatore alle 14:16 del 14 luglio 2011 ha scritto:

Senza alcun compiacimento, anzi con un pizzico di vergogna dico che la traccia postata non mi piace affatto...

La recensione è molto bella e il disco avrà indubbie qualità ma io 7 minuti e 30 così proprio non li reggo!

Idiosincrasie...

fabfabfab (ha votato 9 questo disco) alle 16:04 del 14 luglio 2011 ha scritto:

RE:

Non è tutto così il disco, proprio per niente...

salvatore alle 16:14 del 14 luglio 2011 ha scritto:

Tanto meglio, allora un tentativo potrei farlo...

FrancescoB, autore, (ha votato 9 questo disco) alle 17:48 del 14 luglio 2011 ha scritto:

Eh Salvatore la traccia è da jazzofili puri, ma il disco ha tutte le carte in regola per piacere anche a gente meno innamorata del genere. Quindi provalo!

loson (ha votato 6 questo disco) alle 20:27 del 14 luglio 2011 ha scritto:

Il catalogo Constellation per me è l'equivalente di un catalogo degli orrori, essendo la scuderia stracolma della peggiore feccia (canadese oltretutto... XD) post-rock dei '00s. Questo invece mi sta piacendo, forse perchè quell'estetica la tocca solo trasversalmente, e a volte per fortuna manco la sfiora... Ripasso per il voto, intanto grande Julian.

Filippo Maradei alle 20:37 del 14 luglio 2011 ha scritto:

RE:

I Godspeed You! Black Emperor e i Silver Mt.Zion Memorial Orchestra sono feccia?! Ma poi, scusa, con che faccia poi mi vieni a parlare, chessò, di Britney Spears! Eddai su. XD

loson (ha votato 6 questo disco) alle 21:33 del 14 luglio 2011 ha scritto:

Che bella cosa la libertà d'opinione...

Filippo Maradei alle 21:40 del 14 luglio 2011 ha scritto:

RE:

Vabbè dai Matte', non siamo alle elementari, possiamo anche formulare pensieri più maturi: d'accordo il rispetto dei gusti, ma la tua pare più una provocazione che altro... non posso credere che davvero consideri FECCIA quei gruppi lì...

loson (ha votato 6 questo disco) alle 22:25 del 14 luglio 2011 ha scritto:

RE: RE:

Ma perchè loro non posso considerarli feccia? E' obbligatorio scrivere due pagine word di spiegazioni per ogni "mostr(icin)o sacro" che non si considera tale? I Silver Mt. Zion per me sono inascoltabili, prolissi, casinari, senza idee, la faccia più impresentabile del post-rock dei '00s (il quale, se non si fosse capito, mi garba poco). I GYBE qualcosina di passabile l'hanno pubblicato, forse perchè più legati al decennio '90s, ma continuo a ritenerli sopravvalutati oltre ogni dire. Altri artisti che incidono o hanno inciso per la Constellation, come Fly Pan Am, Carla Bozulich o Vic Chesnutt, mi fanno venire l'orticaria. Cos'altro dovrei scrivere?

Filippo Maradei alle 22:30 del 14 luglio 2011 ha scritto:

RE: RE: RE:

Matteo, la mia era una battuta, tranquillo. Considerali pure (ovviamente) feccia e chissenefrega.

loson (ha votato 6 questo disco) alle 21:28 del 15 luglio 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

Ahhh, il chissenefrega è sempre una boccata d'aria fresca per tutti! Tutto ok, comunque. Ho un diavolo per capello in questi giorni... ;D

Filippo Maradei alle 21:36 del 15 luglio 2011 ha scritto:

RE: RE: RE: RE: RE:

A chi lo dici. Io sono fuso, letteralmente: oggi ci s'è messo pure il sole del mare.

tarantula (ha votato 7 questo disco) alle 20:57 del 19 luglio 2011 ha scritto:

E' vero che i gusti sono gusti: per me, Caela Bozulich, con "Evangelista", ha inciso il più grande disco degli ultimi 20 anni!

Invece, questo disco mi è piaciuto in partePov-piti, Kersalia, e I Am sono dei capolavori assoluti! Il resto mi è piaciuto poco.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 11:53 del 20 luglio 2011 ha scritto:

Il disco merita una recensione così e l'attuale posto in cima al rullo 2011. Affinità con il post rock Constellation ne sento in realtà pochina (forse nello struggersi finale di archi in "Pov Piti" e nell'iniziale elegia di "Song For Eulalie") e l'insieme è fortemente jazz, ma legato ad un contesto altresì decisamente moderno. Insomma: l'ammodernamento e l'avanzamento delle potenzialità espressive avvengono all'interno dello stesso genere, più che nell'incrocio con altre tematiche. Resta un disco preziosissimo negli intenti, nell'esecuzione - impeccabile -, nei brani che saltano fuori. Moltissimi i momenti che mi piacciono. Le distonie free jazz di "Rise", la già citata "Pov Piti", la coda di "Kersaia", il bellissimo canto di redenzione "Lulla/Bye", anche il legante tra la coppia finale "I Am" e "How Much Would You Cost?". Non è un album facilissimo, ma è un lavoro profondamente onesto, che viene dal cuore. Tanto mi basta. Bravo Francesco.

Suicida (ha votato 8 questo disco) alle 9:19 del 15 settembre 2011 ha scritto:

Personalmente non ho mai sopportato il free jazz come mera ostentazione intellettuale nelle bands post-qualcosa degli ultimi 15 anni circa, ma qui finalmente abbiamo nel 2011 un grido primordiale di un' artista ben radicata nella disperazione blues, vuoi anche solo anagraficamente e per mia fortuna non ci sento niente di post-qualcosa.

Esce per constellation? Nessuno è perfetto! XD

lorenzo52 alle 14:01 del primo novembre 2011 ha scritto:

ho sentito questo disco diverse volte, e lo trovo eccezionale sarà anche che ho alle spalle quarant'anni di ascolti musicali, mi piace anche il jazz ma in questi ultimi 25 anni è qiuasi solo noiail free jazz ptrovo fosse diventato troppo sterile , questo disco e tutto il progetto di matana danno finalmenteun respiro nuovo e si sente tutto il backgroundo del jazz dagli anni 50 a qualche anno fà e molto di performance di poesia e sperimentalismo sicuramente molto distante dal post rock( aggiungerò qualche commento su alcuni dischi di Post rock che ho ttrovato di una noia increddibile) ma grande musica

bargeld (ha votato 8 questo disco) alle 20:43 del 12 dicembre 2011 ha scritto:

Ok arrivo sul disco in questione con un ritardo fatto di ascolti approfonditi, stranianti e, si, sicuramente "difficili". Mi fossi fermato solamente alla traccia postata forse l'avrei colpevolmente lasciato da parte. Ma diamine, possiede un'intensità che mi riesce impossibile descrivere. Tu invece, Francesco, ci sei riuscito benissimo. Libation e I Am, per ora, le mie preferite. Un voto che è in realtà un non-voto ignorante.