A La musica, facile - Arrampicarsi per le scale, e poi buttarle via

La musica, facile - Arrampicarsi per le scale, e poi buttarle via

Se hai una chitarra a portata di mano, è ora di portarla alle mani. Questa è la prima lezione di musica: nel tempo che ti ci vorrà ad arrivare in fondo all'articolo avrai imparato che ci sono più note musicali di quanto pensassi, ma che in fondo basta sapere come sono girate per nuotare tranquilli.

Quanto siano imparentate musica e matematica ce lo ripetiamo da 2500 anni, diamolo per assunto. Ci serve saperlo: non tutti sanno cantare, ma tutti sanno contare. Almeno fino a sette. Le note sono sette, si dice di solito: sette note, sette nani, spose, fratelli, peccati e sigilli. No: le note sono dodici. Ci sono pure i tasti neri nel pianoforte. Si chiamano, lo sanno tutti, diesis e bemolle. I nomi delle note bianche sono do re mi fa sol la si. La nota nera tra do e re si chiama do diesis, oppure re bemolle, dipende da dove la guardi.

Uguale per quella tra re e mi: re diesis, o mi bemolle. Tra il mi e il fa e tra il si e il do non ci sono tasti neri, e questa è una cosa da mandare a memoria: mi-fa e si-do. Per il resto: fa diesis (o sol bemolle), sol diesis (o la bemolle), la diesis (o si bemolle). Fine delle note. Poi si ripetono, in un pianoforte di tasti ce ne sono ottantotto, sette volte questa dozzina (7 x 12 = 84) col resto di quattro. La sporca dozzina va dunque dal do al si, con tutto il nero che ci sta in mezzo. Visto che i musicisti (e i matematici) si trovano bene con le strutture chiuse, di solito si ragiona per ottava: dal do al do successivo, otto note.

Si chiama scala di do maggiore, ne avrete sentito parlare. Tutti tasti bianchi. Si parla di ottava anche per lo spazio che separa il re dal re successivo (re maggiore), ma in questo caso c'è pure qualche tasto nero: in effetti, diesis e bemolle servono per riprodurre su altri tasti la rilassante facilità delle sette note messe al punto giusto. Il punto giusto è la situazione che si diceva prima: le prime tre note separate da un tasto nero, la terza e la quarta vicine, dalla quarta alla settima di nuovo la distanza, e poi la settima che si riattacca all'ottava.

Altra nozione base: tra il do e il re c'è un tono, tra il mi e il fa un semitono. Capito il funzionamento? Il semitono è la distanza più breve, il tono è il doppio. Con pianoforte davanti agli occhi, tutto diventa più facile. Ma all'inizio si parlava di chitarra: anyone can play guitar, cantavano i Radiohead (quando ancora la suonavano). Chiunque può suonare la chitarra. Basta partire dal pianoforte.

Si parte sempre dal pianoforte per capire come sono messe le note, perché i tasti sono apparecchiati in maniera decisamente ergonomica: verso destra il suono è acuto, verso sinistra il suono è grave. Più forte ci picchi, più forte suona. Facile. Una definizione poco appassionante e decisamente pragmatica del verbo suonare è: riprodurre delle note su uno strumento. Con uno strumento: la chitarra mette su tasti e corde le stesse faccende di toni, semitoni, ottave e dozzine. La chitarra ha sei corde, e ogni corda ha una ventina di tasti. I tasti sono i semitoni. Se una corda suona do, quella stessa corda suonata spingendo il primo tasto suonerà un do diesis. Poi un re. Un re diesis. Un mi. Un mi diesis? Sbagliato: un fa. Tra il mi e il fa non ci sono semitoni, come tra il si do (mi-fa, si-do: ricordate). Le corde della chitarra sono sei, e uno capisce dal numero che le note non ci possono essere tutte. Anzi: una è persino ripetuta. Dalla più grossa (più grave, lato sinistro del pianoforte) alla più sottile (più acuta, lato destro) le sei corde dicono: mi la re sol si mi. Si va sempre a crescere: mi (fa sol) la (si do) re (mi fa) sol (la) si (do re) mi. Vedete? Lette senza parentesi, sono 15 tasti bianchi messi in fila. Due ottave, dal mi al mi al mi (a rose is a rose is a rose, uguale). La chitarra sceglie le sei note senza parentesi per tutta una noiosa faccenda di comodità di accordatura che non staremo a spiegare. L'importante è sapere che le note sono quelle.

Già, ma ora che me ne faccio di queste note? Ora puoi suonare tutto. Farsi entrare nelle dita (più che nella testa) che la musica è solo una faccenda di brevi e lunghe distanze è come capire la lingua delle sfere celesti. Vabbeh, questa era un po' troppo platonica. Però il confortevole ambiente di una scala è la palestra del perfetto chitarrista da spiaggia (o da salotto, o da pic nic, o da quel che ti pare): sapere che dal do si parte e al do si tornerà è un salvagente utile, e necessario. E pure sufficiente, per questa prima navigazione. Se non ve ne fregava niente, scusate la lezioncina. Se ne volete ancora, scrivetemi.

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Marco_Biasio alle 0:12 del 12 ottobre 2008 ha scritto:

Articolo assai bizzarro ma molto simpatico, e decisamente originale. Bravo!

PierPaolo alle 14:47 del 13 ottobre 2008 ha scritto:

Vai pure avanti Simone

Immagino con battute, accordi, toniche e dominanti. Sei un prof?

REBBY alle 18:24 del 14 ottobre 2008 ha scritto:

ne voglio ancora

Se le pre/omesse saranno rispettate verra' un bel

raccolto. Scritti così ironici e divertenti su un

argomento così rompi sono da diffondere.

TheManMachine alle 23:55 del 14 ottobre 2008 ha scritto:

Si', ne voglio ancora, eccome no! Desiderata per il prossimo capitolo (o lezioncina, deliziosa come questa): la musica microtonale, da Alois Haba a Sinead O'Connor... credo che questo argomento trattato da te sarebbe ancora piu' interessante e avvincente di quanto gia' non lo sia di per se'!...